© 2000 by Gabriele Chiesa
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La storia della fotografia bresciana e, più precisamente, del suo sviluppo in territorio bresciano tra la metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento è un argomento cui ho prestato qualche attenzione a partire dagli anni '70. Stavo infatti avviandomi alla realizzazione di una tesi sugli usi e le funzioni sociali della fotografia familiare, il che significa occuparsi degli album e delle scatole delle fotografie che praticamente in ogni casa vengono conservati da qualche parte. Accanto a questa attività, avevo allora iniziato a scrivere di storia della fotografia per un piccolo periodico svizzero che trattava di immagine fotografica e realizzavo con una certa regolarità articoli su questo tema, che venivano pubblicati sul quotidiano locale Bresciaoggi.

Tutto ciò, oltre alla passione per il collezionismo delle immagini fotografiche d'epoca, mi portò a svolgere qualche studio sulla diffusione della fotografia nella provincia di Brescia e sugli studi fotografici dei pionieri di questa invenzione nella città di Brescia.

All'inizio degli anni '80 mi trovavo così ad avere raccolto documenti, informazioni ed immagini che consentivano di pensare seriamente alla pubblicazione su questo tema. Avevo sviluppato una serie di contatti con diversi fotografi bresciani. Risale a quegli anni la stretta amicizia con la famiglia dei fotografi Negri. Fu proprio Costantino Negri che un giorno ricevette la visita di Renata Stradiotti, che stava raccogliendo proprio le informazioni sugli antichi studi fotografici bresciani. Costantino era perfettamente al corrente delle mie competenze e ricerche, per cui consigliò alla giovane ricercatrice di rivolgersi a me, oltre che fornirle la sua personale collaborazione. Non ardevo dal desiderio di trasferire ad altri le informazioni di cui ero in possesso, dal momento che pensavo di metterle a frutto personalmente. Per questo motivo mi limitai, e immagino che l'attuale Direttrice dei Musei Civici di Arte e di Storia di Brescia nemmeno se ne ricordi, a suggerirle telefonicamente alcuni percorsi, come il ricorso agli "Annuari guida della Città e della Provincia di Brescia" e alle diverse edizioni dell' "Almanacco Provinciale Bresciano" custodite presso la Biblioteca Queriniana.

In conclusione la Dottoressa Stradiotti realizzò quello che a tutt'oggi è l'unico studio unitario sullo sviluppo storico della fotografia bresciana, pubblicato sul libro "Brescia postromantica e liberty", oltre che gli interessanti contributi su "Brescia nelle vecchie fotografie".

Da allora non ho avuto più il tempo di cui speravo di disporre per concludere le mie ricerche.

Credo tuttavia che possa essere di qualche interesse pubblicare sul web, attraverso queste pagine, almeno parte dei materiali e documenti che ho raccolto e che non sono finora mai stati divulgati.

Possiamo considerare il 1839 come l'anno ufficiale di nascita della fotografia. Sebbene diversi esperimenti fossero stati realizzati negli anni appena precedenti, nessuno riuscì a definire un processo ripetibile in grado di avere pratica diffusione. Il 19 agosto 1839 lo scienziato francese Arago presenta pubblicamente, davanti ai colleghi dell'Accademia di Francia, l'invenzione di Louis Mandé Daguerre. La tecnica del dagherrotipo viene divulgata di lì a poco attraverso la pubblicazione di un libretto che spiega la procedura da seguire per eseguire le riprese.

Dal momento che le immagini vengono registrate facendo uso di apparecchi sostanzialmente identici alle "camere obscure" che già venivano impiegate per il disegno e per lo studio della prospettiva, non è necessario attendere la produzione di apparecchiature appositamente studiate.

Sebbene il cognato di Daguerre si affretti a commercializzare una macchina dagherrotipica "firmata" ed approvata dall'inventore, in molte città europee le apparecchiature ottiche con cui era possibile effettuare la ripresa erano già diffuse e disponibili, con qualche semplice adattamento necessario per accogliere come dorso le lastre di rame argentato.

Praticamente, alle soglie del 1840, l'invenzione della dagherrotipia è resa nota in tutta l'Europa attraverso i periodici del tempo. Daguerre tiene alcuni corsi per gruppi di appassionati e rapidamente un buon numero di pionieri della fotografia sono in grado di operare.

Diversi nobili bresciani e giovani della buona borghesia della città avevano occasione di effettuare, anche per motivi di studio, viaggi a Parigi. Possiamo così presumere che negli ambienti di maggiore cultura di Brescia, l'invenzione e il suo semplice processo fossero almeno sommariamente conosciuti. La procedura per realizzare un'immagine fotografica dagherrotipica non era in sé complicata. Il vero ostacolo al raggiungimento di un risultato dignitoso consisteva nella criticità, precisione e massima pulizia che le diverse operazioni richiedevano. Nelle università e negli istituti di studi tecnici italiani la dagherrotipia venne ripresa come esperimento di ottica e di chimica e i docenti ne eseguirono la dimostrazione a beneficio degli allievi.

In conclusione, fin dai primi anni della dagherrotipia, in Brescia erano disponibili tanto le conoscenze necessarie per eseguire riprese, che le strumentazioni necessarie.

A questo proposito, in epoca sostanzialmente prefotografica, è interessante proporre quanto pubblicava il "Giornale della Provincia Bresciana" del 10 agosto 1837.

AVVISO INTERESSANTE
WALDSTEIN E DROSTEL
Ottici di Stoccarda

hanno l'onore di esporre in vendita oggetti d'ottica di loro propria fabbricazione. Tengono assortimenti di eccellenti cannocchiali acromatici ed astronomici di differente grandezza, microscopi semplici e composti, ...
Camere oscure e lucide ...
... specchi ustori, concavi e da delineare paesaggi, lanterne magiche...
Si trattengono per tutta la Fiera ed abitano in contrada Piazza del Teatro al n°699 accanto all'Ospedale Maggiore, di facciata al cappellano Cresperi.

Se ne può dedurre che in Brescia erano già verosimilmente presenti, in quegli anni, le camere oscure e le strumentazioni ottiche necessarie per l'esecuzione di esperimenti fotografici.

L'accenno all'occasione di una fiera è rilevante perché negli anni della iniziale diffusione della fotografia, dagherrotipia prima e su lastra albuminata in seguito, accanto al processo ferrotipico e all'ambrotipia, i fotografi non operavano quasi mai in studio fisso. I primi professionisti dell'immagine fotografica erano ambulanti e si spostavano di città in città, prendendo alloggio temporaneo per periodi che potevano essere al massimo di qualche mese.

Una volta che avevano adeguatamente pubblicizzato la loro presenza ed eseguito i ritratti dei cittadini più abbienti, i soli a costituire inizialmente la clientela dei ritrattisti, non aveva ragione una ulteriore permanenza. Era quindi necessario un nuovo spostamento per raggiungere una città in cui fosse disponibile una committenza non ancora toccata dall'esperienza del ritratto fotografico.

Nel corso del limitato periodo di attività, il fotografo ambulante aveva spesso occasione di servirsi dell'aiuto di un garzone che veniva reperito sul posto. Certamente a questo non venivano spiegate nel dettaglio le operazioni e il modo in cui reperire e manipolare i materiali necessari, tuttavia qualche giovane particolarmente attento o volenteroso finiva con l'apprendere i rudimenti di un'arte che presto sarebbe stato in grado di mettere a frutto. Alcuni aiutanti finivano poi col seguire per periodi prolungati il fotografo nel suo girovagare di città in città e apprendevano il mestiere in modo pieno, mettendosi poi in proprio. Da questo genere di apprendistato nasce l'attività di vari fotografi che passano gradualmente dalla dagherrotipia alla lastra a collodio umido e alla stampa su carta albuminata.

La fotografia giunge quindi probabilmente a Brescia attraverso canali diversi e concomitanti.

Una prima opportunità di conoscenza e diffusione era costituita dall'esperienza personale dei giovani appartenenti ai ceti sociali che seguivano studi universitari e che potevano effettuare viaggi nelle città di cultura più attiva. Questo percorso era però destinato a rimanere limitato ad applicazioni di carattere episodico e personale, confinato alle applicazioni di carattere hobbistico e sperimentale.

Per altro verso, i primi professionisti operarono da principio in modo non continuativo, prevalentemente presenti in occasione delle fiere e dei mercati più importanti, lasciando però tracce di una tecnica artigianale che coinvolgeva saltuariamente qualche giovane artigiano.

Intanto i periodici che avevano diffusione nel Lombardo-Veneto, e naturalmente in Brescia, davano conto dell'evoluzione delle tecnologie fotografiche e dei progressivi miglioramenti dei processi e dei materiali fotosensibili.

Come esempio di questo succedersi di aggiornamenti, ecco quanto si stampava sulla "Gazzetta Provinciale di Brescia", il giovedì 13 gennaio 1848.

Notizie varie - Leggesi nell'Osserv. Austr. Nell'ultima sessione dell'Accademia, i signori Biot, Arago e Théirard, diedero rapporto di una nuova scoperta del signor Niepce di Saint-Victor, quello stesso chimico ch'ebbe già una ricompensa dello Stato, insieme con Daguerre per l'invenzione del daguerrotipo. [si trattava di ricerche sulla fotoincisione]

I fotografi ambulanti che operarono nell'Italia settentrionale nel corso del primo periodo di diffusione dell'invenzione, giunsero sostanzialmente seguendo due direttrici diverse.

I professionisti che avevano appreso il mestiere in Francia e a Parigi in particolare, iniziarono la loro attività partendo dalla capitale del regno sabaudo, cioé a Torino, geograficamente più vicina ed accessibile ai loro percorsi di ambulanti. A tali fotografi era impedito operare nel Lombardo-Veneto per ovvi motivi legati alle vicende politiche e belliche della lotta per l'unificazione italiana.

Altri pionieri di formazione mitteleuropea, inizialmente operanti in Germania ed Austria, cominciarono la loro attività nelle diverse regioni dell'impero austro-ungarico, partendo da città come Venezia, Trieste e Verona.

A Brescia sono proprio questi i fotografi che per primi iniziano a fermarsi per periodi più o meno lunghi.

L'attività del fotografo era vista con sommo sospetto da parte delle autorità di polizia. Il suo operare ambulante, la specificità del mezzo che consentiva agevolmente di documentare installazioni militari e fortificazioni, la possibilità di registrare e riprodurre in modo preciso i volti di personalità politiche e militari... erano tutti elementi che inducevano ad un controllo attento, tanto più in uno stato permanentemente ossessionato dalla repressione di ogni attività potenzialmente pericolosa.

Persino la burocrazia fiscale si era affrettata a regolamentare il traffico delle lastre dagherrotipiche argentate, sottoponendole ad una puntigliosa tassazione daziaria, pur all'interno delle province lombarde. I fotografi che dimostrarono di frequentare amicizie troppo liberali vennero cacciati senza tante formalità con la semplice accusa del sospetto di essere "mazziniani".

Così accadde ad un fotografo ambulante in Brescia nel turbolento 1848.

Per comprendere il meccanismo della progressiva diffusione della fotografia in Lombardia e a Brescia in particolare, può essere utile considerare il percorso professionale di G.B. Unterverger.

Egli si formò come garzone di Ferdinando Brosy, che aveva appreso il processo al collodio a Londra, applicandolo poi come ambulante in Austria e in Trentino. Brosy operò come inizialmente come dagherrotipista, a partire dal 1844. Unterverger decise di mettersi in proprio nel 1854.

Prima di stabilirsi a Trento, realizzando la prima "terrazza fotografica" di quella città nel 1865 e fondando uno dei primi e più prestigiosi stabilimenti fotografici dell'epoca, egli operò a lungo come ambulante, raccogliendo un poderoso archivio di immagini d'arte e di paesaggio nelle località che attraversava per lavoro (fu uno dei primi a realizzare una propria collezione stereoscopica).

Dalle "Memorie di G.B. Unterverger" veniamo a sapere che il fotografo aveva programmato un periodo di lavoro a Brescia, a partire dalla festa di San Vigilio, il 26 giugno 1855. Purtroppo fu costretto arimandare a causa sell'epidemia di colera, che affermò portata dalle truppe di ritorno dalla Crimea. Partì quindi il 4 ottobre, ottenendo il permesso di rimanere a Brescia un mese. Il permesso per l'attività di fotografo doveva infatti essere rinnovato di mese in mese. Interessante è rilevare che egli si informò sui fotografi che operavano nel Lombardo Veneto in quell'anno e che annotò i loro nomi e la città in cui lavoravano. Duroni e Mazza a Milano, Lotze a Verona, Sorgato a Padova e Brosy a Venezia.

Probabilmente non si trattava di un'informazione completa, dal momento che diversi artigiani lavoravano senza l'appoggio di uno studio fisso. Sul "Foglio della Camera di Commercio e d’Industria della Provincia di Brescia", di martedì 1 maggio 1855, compariva infatti:

Distinta degli oggetti inviati dalla Camera di Commercio di Milano alla Esposizione di Parigi del 1855.
... sotto "oggetti dell'agricoltura e dell'industria"...
Sacchi Luigi, Milano - Saggi di fotografia.

Sempre dalle memorie di Unterverger veniamo a sapere che egli lavorò intensamente a Brescia, meravigliandosi del risultato, pur condizionato dal novembre piovigginoso e dal dicembre freddo di quell'anno. Lo studio era allestito vicino alla chiesa del Carmine. Non è improbabile che si fosse servito dell'aiuto di un apprendista, seminando un'eredità fotografica in città. Maurizio Lotze a Verona, ad esempio, formò il fotografo Bressanini e Unterverger stesso era appunto un ex-apprendista.

Una testimonianza certa dell'attività fotografica in Brescia che riporti esplicitamente un nome è ancora il "Foglio della Camera di Commercio e d'Industria della Provincia di Brescia", di mercoledì 16 settembre 1857. Vi si legge...

Aggiudicazione dei premi nella Esposizione Generale Bresciana, resa pubblica nella solenne adunanza del 31 agosto 1857 (nella Crociera Municipale a San Luca). Medaglia d'argento di I classe a Emilio Maza di Brescia, ritratti fotografici senza ritocco.

Stupefacente è poi il secondo premio... Medaglia d'argento di II classe a Giovanni Trainini di Brescia, nuovo sistema di orologi elettrici e costruzione di macchine elettromotrici.

A parte ogni altra considerazione di ordine tecnologico su applicazioni così avanzate e in anticipo rispetto ai tempi, Giovanni Trainini è uno dei primissimi fotografi ad aprire uno studio fotografico in Brescia. Mentre quasi tutti i suoi colleghi del tempo si dichiaravano sui dorsi fotografici di montaggio della stampe "Pittore Fotografo", egli imprimerà orgogliosamente la dizione "FOTOGRAFO Fisico-Macchinista". Scelta ampiamente giustificata dalla storia personale di sperimentatore che il premio testimonia.

Nei primi decenni della storia della fotografia i professionisti si trovarono a dover competere con la rappresentazione individuale pittorica e con i miniaturisti, che erano allora in grado di fornire ritratti colorati e più compiacenti nelle fattezze. La ripresa fotografica era ritenuta da alcuni committenti, eccessivamente oggettiva nella rappreesentazione dei volti. I fotografi si trovarono quindi nella necessità di sottolineare gli aspetti artistici del loro prodotto e la competenza nella determinazione dei toni e della modulazione e controllo della luce. Dichiararsi pittori serviva quindi ad accreditare un livello qualitativo che i fotografi ferrotipisti di piazza e da fiera, che ancora giravano per paesi e cascine con un telo bianco da porre come sfondo, fissato a un muro, non erano in grado di fornire.

Un altro modo per acquisire stima presso un pubblico che diventava sempre più attento alla qualità delle riprese, fu per decenni la partecipazione a concorsi ed esposizioni di carattere industriale.

Sui dorsi fotografici di molti fotografi, le benemerenze e i riconoscimenti acquisiti venivano rappresentati in stampa, con l'anno di conseguimento della premiazione. Questa consuetudine risulta oggi preziosa per determinare con una certa approssimazione l'anno di realizzazione della fotografia.

Dall'eseme della sequenza dei premi, dalla presenza o dall'assenza di un fregio abbinato ad una data, dal succedersi dei diversi indirizzi assunti dallo studio fotografico, è possibile ricostruire alcuni frammenti cronologici della storia di un fotografo.

Uno studio della storia della fotografia bresciana non dovrebbe trascurare i fotografi della provincia (come i fratelli Predali, che avevano come insegna "OSTERIA VINO CATTIVO - FOTOGRAFO" o Simone Magnolini, sarto fotografo a Borno), la produzione di apparecchiature fotografiche (incredibile, un fabbricante di fotocamere a Brescia nel 1901!), i fornitori di materiali per gli appassionati di inizio Novecento, i fotoincisori.

La ricostruzione storica della fotografia bresciana tra Ottocento e Novecento effettuata da Renata Stradiotti, pur con diversi limiti, costituisce finora il primo serio sforzo di sviluppare una ricerca in grado di regalare ancora straordinarie sorprese alla cultura bresciana. Per quello che mi riguarda, dispero di riuscire a trovare il tempo per scrivere tutto quello che ho imparato sulla storia della fotografia (che è ancora infinitamente poco, in relazione a quello che desidererei sapere). Quello che posso fare è mettere in rete solo alcuni esempi, tratti dalla mia collezione, delle stampe e dei dorsi fotografici dei professionisti bresciani che hanno operato a cavallo dei due secoli scorsi.

Su questo argomento è in linea anche un vecchio articolo dedicato agli antichi studi fotografici bresciani e ai loro archivi.

Antichi studi fotografici di Fine Ottocento in provincia di Brescia

Esempi di stampe e dorsi fotografici dei professionisti bresciani che hanno operato a cavallo dei due secoli scorsi. Cliccare sul nome del fotografo per osservare esempi di ritratti, dorsi di montaggio e visionare tutta la serie

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  • Spacca Arturo - Salò
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Tabella riassuntiva dei fotografi e degli studi bresciani tra fine Ottocento e inizio Novecento

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