Quest’articolo, pubblicato in quattro parti di cui questa è la quarta, è la sintesi di una più ampia ricerca di M. Rachele Fichera.
Sulla Rassegna storica del Risorgimento, fasc. I – 2017, è stato pubblicato il saggio della stessa autrice “Alessandro Pavia e il suo Album”, dove sono riportati in note i riferimenti documentari e bibliografici, ma nessuna immagine per norma della rivista. Chi non è socio dell’Istituto Centrale del Risorgimento, Roma, che la pubblica, può richiedere il volume all’Istituto, all’indirizzo e.mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
L’estratto del saggio può essere richiesto all’autrice attraverso www.gri.it.

Alessandro Pavia, l’uomo che volle farsi fotografo. Parte 4 di 4.
Parte 1 di 4
Parte 2 di 4
Parte 3 di 4

- PARTE QUARTA -

Nella terza parte, ho illustrato la storia dei primi due esemplari dell’Album dei Mille realizzati da Alessandro Pavia (uno per il re, l’altro per Garibaldi a cui la sua opera in progress è dedicata) e degli altri due che, con quello appartenuto a Garibaldi, sono conservati all’Istituto Centrale del Risorgimento.
Se ne conoscono alcuni altri, dei pochi che il fotografo ebbe commissionati, tutti in Italia da quanto si riesce a sapere, ma quelli di maggiore importanza e interesse sono i due che rimasero in mano al fotografo fino alla sua morte e furono ereditati dal fratello Mansueto.
L’Album che Alessandro teneva come menabò e registro si trova al Museo Civico di Cremona, insieme con quello che nel 1888, anno precedente a quello della morte, il fotografo mandò al principe ereditario Federico di Prussia, che lo respinse.

Di tutti gli esemplari conosciuti questo, con i suoi 895 ritratti, è il più completo ma allo stesso tempo fa intuire le crescenti difficoltà che Alessandro incontrò nel reperire i soggetti, senza mai riuscire a completare la raccolta. Confrontandolo con gli Album da lui venduti, risulta evidente che fu realizzato come dono, oltre che dai documenti citati nella seconda parte, dal fatto che non ha pagine con gli spazi vuoti dove un comune acquirente poteva inserire altri ritratti. È particolarmente elegante, con i decori delle pagine preziosi ma semplici, come la copertina. In apertura, il ritratto di Garibaldi fatto in esterno a Caprera e piuttosto noto, è da attribuire a Giacomo Isola e si accompagna alla foto della mano del generale fatta da Alessandro a San Fiorano nel 1867; in fondo alla stessa pagina, il piccolo, scadente autoritratto sembra posticcio. 

Una delle copie della foto che Pavia fece alla mano di Garibaldi a San Fiorano.

Una delle copie della foto che Pavia fece alla mano di Garibaldi durante l’incontro a San Fiorano. Il fotografo la vendeva in composizione con una copia dell’autografo della dedica con cui il Generale gli rivolse l’auspicio: “Possa la mano mia che avete impronta servire la causa dell’Italia e dell’Umanità”.
Sul verso, si legge, oltre alle credenziali e all’indirizzo del fotografo, la destinazione dei fondi raccolti alla causa dei reduci.

credenziali e indirizzo del fotografo con la destinazione dei fondi raccolti alla causa dei reduci

 

L’Album personale di Alessandro, definito Album Modello, dovrebbe contenere tutte le cdv da lui raccolte, ma ha sei ritratti in meno dell’Album del Principe. È composto di pagine di carta comune alternate ad altre in cartone doppio con gli spazi per le foto, con cornici in nero. La copertina è rivestita di austera carta marmorizzata senza alcuna dicitura, che gli conferisce l’aspetto di quello che è stato, il registro del fotografo. Le etichette riportano i numeri dell’elenco dei Mille compilato da Pavia, non secondo l’Indice ufficiale pubblicato nel 1878 dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia ma più simile al primo, approvato nel 1862 da una commissione appositamente costituita, e con parecchie aggiunte. Alessandro partecipava alla ricerca di quanti ancora mancavano all’appello, lo dimostrano alcune pagine di appunti contenenti nomi e informazioni con la loro fonte, di solito un reduce. Nelle etichette sono riportati cognome, nome e città di provenienza del soggetto e sulle pagine delle annotazioni, ai numeri corrispondenti, a volte sono incollati ritagli di giornali che riguardano la persona ritratta, quasi tutti necrologi. Le note associate alle cdv sono redatte con grafie diverse e spesso sono vuote; riportano se la foto è stata eseguita da Alessandro e la provenienza di un positivo, se comprato da un altro fotografo, con il prezzo pagato, o da un familiare, e poche altre indicazioni, qualche volta molto interessanti: come nei casi in cui sono state fatte foto diverse, oltre alle pose Disderi, o in più occasioni.

Il prezzo più alto pagato dal fotografo per un positivo risulta di dodici lire, molto più alto di quelli che Alessandro praticava: ciò era dovuto non solo a tariffe di professionisti, ancora poco definite a quel tempo, ma anche alla ricerca per la raccolta che, fatta circolare con tutti i mezzi, anche attraverso inserzioni, lo esponeva a richieste esose, tanto che in qualcuna delle note del registro sembra di leggere che il garibaldino s’è fatto pagare per la posa. Tale disponibilità di Pavia era dettata anche dalla sua sincera preoccupazione per la sorte di molti reduci indigenti e, almeno fino agli anni ottanta, privi della sospirata pensione. Nel procurarsi positivi, però, doveva fidarsi e si esponeva ad errori, se non a piccole truffe, come nel caso del ritratto di Antonino Plutino: inserì nell’Album per Garibaldi una foto sicuramente avuta per interposta persona e, poco dopo la consegna al generale, ricevette dallo stesso Plutino una lettera in cui il garibaldino protestava vivacemente perché la cdv ritraeva un’altra persona e lo invitava a sostituirla, inviando quella giusta.

Ignoto, cdv Album dei Mille di Marsala appartenuto a Giuseppe Garibaldi          

A sinistra, Ignoto, cdv dall’Album dei Mille di Marsala appartenuto a Giuseppe Garibaldi, conservato al Museo Centrale del Risorgimento a Roma tra i Cimeli.
Tratta da: http://www.150anni-lanostrastoria.it/index.php/mille/alla-ricerca-dei-garibaldini-scomparsi
Si nota la ricchezza della decorazione.

A destra, Antonino Plutino, cdv dall’Album Modello conservato al Museo Civico di Cremona. Album Modello di Alessandro Pavia, XE250.
Nel registro tenuto dal fotografo, le cornici sono semplici. La nota precisa che la cdv è tratta da un positivo fornito dallo stesso Plutino, deputato al parlamento e, con grafia diversa, l’anno della morte.


Nelle prime pagine del registro sono trascritti recapiti e informazioni utili per rintracciare i Mille, mentre tra le ultime c’è l’elenco degli “sbarcati a Talamone”: coloro che, partiti da Quarto, sbarcarono a nord di Roma per sollevare la popolazione e reclutare altri volontari; pur non essendo arrivati in Sicilia, questi combattenti erano considerati parte del contingente garibaldino con gli stessi titoli e Alessandro li riconosce.

Mansueto Pavia, in una foto di Aurelio Betri di Cremona

Mansueto Pavia, in una foto di Aurelio Betri di Cremona. Ne esistono diversi esemplari, ma questa, conservata al Museo Civico di Cremona, deve avere accompagnato il dono dell’Album Modello che Mansueto fece alla città, dal momento che riporta l’anno del centenario della nascita di Garibaldi.

L’Album del Principe e l’Album Modello sono custoditi al Museo Civico di Cremona, mentre i pochi documenti appartenuti ad Alessandro Pavia si trovano presso l’Archivio di Stato di questa città. Infatti, il fratello Mansueto che li aveva ereditati, andato in pensione come Maggiore contabile nella Riserva, vi si trasferì nel 1900 con la famiglia e nel 1907, centenario della nascita di Garibaldi, donò l’Album Modello al Museo Civico. Sua nipote Carmen Cadoria, figlia della figlia Marcellina, in occasione del centenario della Spedizione nel 1960, cedette quanto rimaneva del fondo di Alessandro Pavia alla città per centomila lire, trattenendo solo pochi ricordi e il baule con le lastre, non acquistato dall’amministrazione comunale; questo fu di fatto abbandonato ed è andato perduto nel corso di un trasloco, dopo l’oblio in famiglia testimoniato dal figlio di Carmen in una lettera che mi ha scritto nel 2008: “...i negativi in vetro dei garibaldini [...] mio nonno Cadoria li aveva uniti e collocati alle finestre dello scantinato che guarda sul piccolo giardinetto davanti al fabbricato di via Mura Manfredi a Castelleone [...] che abbiamo lasciato nel 1934 e che avevo notato ancora alcuni anni or sono durante un viaggio nel paese. Esisteva una cassa contenente tutte le negative nella cantina”. Ho sperato che le lastre fossero solo disperse sul mercato antiquario o presso amatori di curiosità, ma le vie che ho percorso alla loro ricerca non hanno portato a niente. Forse, un lettore potrebbe saperne qualcosa...?

Mansueto Pavia, nel 1910, scrisse al Corriere della Sera, proponendosi di eseguire ulteriori stampe dalle lastre, ma la sua idea non ebbe seguito: era ormai impensabile di ricavare copie a contatto su carte industriali e i negativi, non giudicati d’interesse storico, perdevano valore non solo per l’evoluzione tecnica ma perché, in assenza di norme sul diritto d’autore per la fotografia, i positivi erano riprodotti liberamente sin dalla loro comparsa. I giornali dei due cinquantenari le hanno stampati su intere pagine, in tutte le città: un risultato che non sarebbe dispiaciuto ad Alessandro Pavia, per i suoi garibaldini, peccato che il suo nome non vi appaia quasi mai.

Per completare questa ricognizione, descrivo qui di seguito gli altri Album noti.

Come lo stesso fotografo scrive con entusiasmo a Garibaldi, nel 1870 gli giunge l’ordine di tre Album. Non attende neppure un acconto e manda al generale le tre quote da 50 lire per copia per il sostegno dei reduci e dei patrioti indigenti. Non solo: poco dopo, il primo marzo, realizza l’autoritratto più noto, che stamperà anche in formato cabinet. É l’anno del decennale, le aspettative sono scontate, ma Alessandro è decisamente imprudente e spende più di quanto potrebbe, come dimostrano i suoi solleciti per essere finalmente pagato, per onorare almeno “una cambiale che mi scade fra quindici giorni e non posedo soma abastanza per dempire al obligo, più ho avuto dei pessimi tempi che non mi han permesso da incassare pei bisogni giornalieri (sic)”.

Uno dei tre Album è stato ordinato da Giovan Battista Prandina e gli altri due dal sindaco di Palermo.

Il Civico Archivio Fotografico di Milano custodisce un esemplare dell’autoritratto, incollato su carta marezzata con il timbro di Prandina, evidentemente staccato dall’Album. È molto rovinato sui margini e incollato su un cartoncino da mano inesperta, come se fosse stato incorniciato. Tale indizio può fare pensare che le cdv di quest’esemplare possano essere quelle sciolte e senza provenienza conservate nello stesso archivio.

Giovan Battista Prandina in una cdv di Giulio Rossi

Giovan Battista Prandina, in una cdv di Giulio Rossi. Il medico milanese, chirurgo volontario già nelle Cinque Giornate e in molti eventi risorgimentali tra cui la Repubblica Romana, in cui conobbe Garibaldi, lo curò durante la prigionia a Livorno, dove il Generale si trovò dopo la spedizione d’Aspromonte. Abitò per venticinque anni a Chiavari ed anche Alessandro Pavia lo consultava.

Ma, come ho suggerito parlando dell’Album donato da Galli Dunn a Roma, può essere avvenuto che la vedova di Prandina, dopo aver trattenuto l’autoritratto come ricordo, l’abbia venduto al console Bamberg, i cui eredi riferiscono che l’aveva ottenuto da un “medico di Garibaldi”; sicché l’Album detto erroneamente “di Everardo Pavia” sarebbe proprio quello comprato da Giovan Battista Prandina. Esso, tra l’altro, ha impaginazione identica a quella dei due Album palermitani coevi. Il Civico Archivio Fotografico di Milano possiede altri due Album: di questi, uno non individuabile è appartenuto al pavese Pietro Armentario Ricci, dei Mille: il dato si ricava dal numero speciale de L’Illustrazione Italiana dedicato al cinquantenario della spedizione, in cui è documentato il dono alla città di Milano. Le tre raccolte purtroppo sono tutte prive di legatura: una, in formato maddalena, ha i fogli con otto ritratti sciolti conservati in custodie e un autoritratto precedente al ’70. Una raccolta di cdv sciolte è contenuta in due valigette, mentre un terzo esemplare si può evincere da una grande quantità di foto catalogate singolarmente. Non va dimenticato che Pavia proponeva l’abbonamento alle foto sciolte.
L’interessantissimo carteggio tenuto da Pavia con il sindaco palermitano Domenico Peranni, che gli ha ordinato due Album, va dal 26 luglio 1869 al gennaio del 1870. La prima data è riportata su una circolare, scritta di pugno del fotografo e inviata ai sindaci di molte città italiane; quindi, chi volesse cimentarsi, potrebbe utilmente rinvenire negli archivi storici comunali, intorno a quella data, carteggi analoghi che, nel seguito, darebbero nuove notizie del lavoro di Alessandro alla vigilia del decennale della spedizione.
Naturalmente, la ricorrenza del 1870 era particolarmente sentita in Sicilia, a Marsala e nel capoluogo più che in altre città, sebbene ovunque si celebrasse un concittadino o un evento specifico.

Domenico Peranni, sindaco di Palermo dal 1868 al 1873

Domenico Peranni, sindaco di Palermo dal 1868 al 1873. Immagine tratta da: https://notes9.senato.it/Web/senregno.NSF/0bfb046b74a984aec125711400599c6a/9a7e1733ac9d05fa4125646f005e5341?OpenDocument

A Palermo, il sindaco destinò uno dei due Album a un’esposizione: infatti e purtroppo, le cdv furono estratte dall’Album ed oggi sono ancora montate in grandi bacheche verticali, riutilizzate nel cinquantenario; queste sono conservate nella sede della Società Siciliana di Storia Patria, ma almeno un terzo finale della raccolta manca, probabilmente perché in alcune bacheche sono state sovrapposte le nuove foto di reduci eseguite nel 1910 e oggi visibili. Ma poiché l’Amministrazione si impegnò nel ricercare i ritratti mancanti, soprattutto di siciliani, ne sono stati inseriti parecchi che Alessandro Pavia non era riuscito ad avere. Nessuno allora pensò di farli avere al fotografo, dimostrando di non avere compreso lo spirito che animava l’autore del progetto, col quale il sindaco s’era lamentato per le “assenze”. Nel 1910 il Giornale d’Italia lancerà un invito analogo ai lettori, perché inviino ritratti dei garibaldini che non si trovano nell’Album, come da preciso elenco.

Il carteggio palermitano contiene informazioni sul prezzo praticato dal fotografo, giudicato “accettabile” dal ragioniere incaricato di analizzare l’offerta: 500 lire, più 50 destinate al Generale Garibaldi, che vengono parametrate al prezzo della singola foto, veramente basso. Ma, come tutti i numerosi quanto superficiali patrioti d’allora, costui calcolava per mille foto e anche per il “prezioso contenitore”. Tale analisi fu portata in Giunta insieme con le contestazioni sorte per un malinteso, generato proprio dalla circolare scritta da Alessandro: in essa il fotografo proponeva una colletta tra i reduci della città, da farsi a cura del Comune per coprire la spesa. In tal modo, Palermo avrebbe avuto il suo Album “gratis”. Ma il testo era equivoco e non fu subito compreso, dando il via a uno scambio di lettere animose, con l’ipotesi poi non praticata di restituire uno dei due Album, già spediti da Pavia senza attendere alcun impegno di pagamento. Naturalmente, si verificarono ritardi nel saldo.

Il secondo Album di Peranni è integro e costituisce uno dei pezzi forti dell’Archivio Storico Comunale, oggi finalmente corredato del carteggio d’origine, da me scovato attraverso le indicazioni di altri documenti autografi. Come ho già detto, ha l’impaginazione identica all’esemplare romano che forse era del dottor Prandina, un indizio importante a favore di quest’ipotesi, dato che sono stati commissionati contemporaneamente.

L’Album del Museo Luigi Musini di Fidenza, donato dal figlio del garibaldino, che non era stato dei Mille; il contenitore è diverso nel formato da tutti gli altri e probabilmente è stato realizzato a cura del collezionista che poteva essere abbonato alle foto sciolte, ma tutte le altre caratteristiche seguono il modello di Pavia, compreso un bel ritratto acquarellato di Garibaldi che, come in molti casi, è incorniciato da una prorompente ghirlanda di fiori, come un’immaginetta sacra. Presenta una curiosità: oltre a Rosalia Montmasson, moglie di Crispi e unica donna imbarcata con i Mille e riconosciuta tale, è inserita con un suo numero da garibaldina la vivandiera Balli.

Il Museo ha messo l’Album on line. È possibile sfogliarlo su:

https://get.google.com/albumarchive/112403211135255553105/album/AF1QipONG5HMp8nc-DAi2oVzod-c_3vO3woRIarNG2ix?source=pwa

Nel Museo del Risorgimento di Milano è conservato l’esemplare donato nel 1959 da Pietro Viola. È uguale nell’impaginato all’esemplare che oggi appartiene al genovese Roberto Gotelli, che non ne conosce la provenienza. Sono stati eseguiti ambedue nello studio di via Pila. Dopo la veste austera degli Album precedenti, presentano nuovamente pagine con cornici a fregi dorati. Grazie alle informazioni ottenute dal professore Giordano Dellai, che conduce una ricerca sul paese di Longa, faccio l'ipotesi che il primo sia appartenuto a uno dei Mille, nato in quel paesello del vicentino: Venanzio Venzo che, secondo la nota del registro, lo commissionò fotografo nel '69, plausibilmente quando cominciò a lavorare come imprenditore edile a Milano.

Venanzio Venzo, nella cdv in Album Modello      

A sinistra
Venanzio Venzo, nella cdv dell’Album Modello. Si trasferì a Roma, dove fece fortuna con un’impresa di costruzioni riuscendo così ad acquistare una copia dell’Album dei Mille

A destra
La via Pila, a Genova, in una foto in cui i luoghi appaiono ancora come li vide Alessandro. È probabile che lo studio di Pavia dal 1883, al primo piano del civico 21, fosse in un edificio basso come questi, con terrazzo o giardino adatti al lavoro alla luce naturale. 
Alle spalle dell’operatore si trovava Porta Pila, che dava il nome alla strada: la porta non esiste più e la strada, che conduce a est verso Quarto, è stata ampliata e del tutto ricostruita.

Un altro esemplare di proprietà privata è stato esposto nel 2010 a Vercelli, al Museo Leone: ha un formato maddalena con fogli simili a quelli del Civico Archivio Fotografico di Milano.
L’Archivio del Museo Mazziniano di Genova conserva delle foto sciolte che dovrebbero essere provenienti dall’Album donato dal genovese Egisto Sivelli, l’ultimo sopravvissuto dei Mille, che lo comprò “da un signore genovese caduto in rovina”, come si legge in un giornale d’epoca. Ma, come nel caso delle cdv milanesi, non si può escludere che le stampe siano d’altra provenienza e che l’Album giaccia dimenticato in un deposito.
La famiglia garibaldina s’era molto allargata alla notizia dello sbarco e, nel corso dell’avanzata in Sicilia, moltissimi volontari raggiunsero i Mille da ogni parte d’Italia e del mondo. Come abbiamo visto, allo scioglimento dell’armata garibaldina e poco dopo anche dell’esercito meridionale che avrebbe dovuto regolarizzare quelli dei volontari che volevano continuare a combattere sotto il comando piemontese, i numeri dei combattenti irregolari, compresi i caduti, era imprecisabile. Gli italiani ricercavano i ritratti, non solo grazie all’opera di Alessandro Pavia che si andava conoscendo, ma anche per il diffondersi di cdv realizzate in molti centri della penisola e da fotografi ambulanti, a cui già si rivolgevano anche i molti emigranti: il loro flusso aveva avuto inizio dopo i primi moti e aumentò vertiginosamente per i guasti delle guerre, con la fuga di fuorusciti politici e con l’allontanamento coatto degli indesiderati. Chi raccoglieva fotografie di amici, parenti, commilitoni, personaggi di solito realizzava un proprio album, mentre gli Album dei rari clienti di Alessandro erano già ben ordinati e, dal momento che appartenevano a simpatizzanti dei garibaldini, ospitavano negli spazi delle ultime pagine, lasciati vuoti, vari soggetti legati a quelle vicende: cdv comprate dallo stesso fotografo man mano che questi le otteneva e le proponeva, ma anche una miscellanea di soggetti ammessi a buon titolo nell’epopea che di giorno in giorno diventava leggenda. Senza indugiare a precisare in quale Album di proprietà privata si trovano aggiunti, posso citare, oltre alla Balli, i ritratti di frate Pantaleo, del volontario Giuseppe Arrigoni, di Oreste Bronzetti, padre di Pilade e Narciso patrioti caduti prima della spedizione dei Mille, oltre a parecchi altri.
Infine, alcune considerazioni: l’Album dei Mille sbarcati a Marsala raccoglie i volti di un piccolo esercito, quadri e bassa forza, ufficiali e soldati, eroi di fatto e non, tutti eroi agli occhi dei patrioti e tutti meritevoli di uguale riconoscimento. Su questo si fondava l’idea politica dei loro diritti, coerente con l’idea democratica, e con la qualità del sentimento collettivo di riconoscenza. S’erano infatti sacrificati per la causa comune con molto coraggio. Mai, prima d’allora, s’erano proposti pubblicamente volti di comuni cittadini, piuttosto che di esponenti di gerarchie militari o di protagonisti di gesta memorabili.
Non solo: il “luogo” di questa celebrazione è ubiquo e aperto, un oggetto che nel proposito dell’autore poteva moltiplicarsi, diffondersi ed essere visto dai cittadini, fuori da luoghi preposti o sacri, senza selezione per categorie sociali. Una rivoluzione nella rivoluzione.
Alessandro Pavia esprime il suo intento civile molto semplicemente, nelle dediche degli esemplari destinati a Garibaldi e al re, che vanno lette con attenzione. È un modo di vedere che non tutti i contemporanei condividevano, e non solo per le idee: non va sottovalutato l’impatto che la foto, “bruta” nel manufatto e nel soggetto, ha in chi conosce solo il ritratto tradizionale, “nobile” di per se stesso. Tale condizionamento, anzi, era più forte presso la gente comune che osservava con deferenza i privilegiati e disprezzava i propri simili, preferendo modelli a cui aspirare per elevarsi.
Abbiamo notato che Alessandro Pavia, nelle dediche, disdegna il “pregio artistico” del suo lavoro; allo stesso tempo, vanta l’oggetto elaborato e costoso che produce ma non cita gli artigiani, neppure gli artisti che hanno dipinto i colori dei ritratti fotografici del Generale. Insomma, è anche lui un uomo del suo tempo che ha condotto una battaglia, sbagliando tenacemente a proprio danno, lasciandoci un’opera per la memoria di noi stessi e un esempio su cui riflettere per il futuro.

Alessandro Pavia, l’uomo che volle farsi fotografo. Parte 4 di 4.
Parte 1 di 4
Parte 2 di 4
Parte 3 di 4