A partire dalla metà dei 1800 inizia a lavorare
in Brescia un pugno di fotografi destinato ad infoltirsi man mano che le
innovazioni tecniche consentiranno un più facile accesso ai metodi
di produzione delle immagini e l'espandersi del mercato richiederà
il moltiplicarsi degli operatori. Tra gli studi più noti di fine
Ottocento troviamo quelli di Rebughi & Candiani, G. Ogliari, A. Ogheri, G. Allegri, Trainini,
G. Negri, Fiori, C. Capitanio, G. Bianchi, A. Baroni, G. Negri.
Quanto del lavoro di questi pionieri si è
conservato fino a noi? Ben poco, bisogna dire. L'ultima guerra, direttamente
o indirettamente e stata la causa della distruzione di gran parte degli
archivi, I'ansia del nuovo e il desiderio di spazio hanno completato l'opera
negli anni che vanno fino al '60 (invito chi fosse in grado di fornire
notizie su materiali sopravvissuti a contattarmi). Esemplare, a questo
proposito, è la fine delle lastre di Capitanio; giunte in mano al
precedente proprietario di quella che oggi è la Fotografia Archetti,
sono finite una per una nell'acido solforico in modo che il vetro, sciolta
la gelatina, che registrava l'immagine, potesse servire per incorniciare
e proteggere nuove fotografie. Un immenso patrimonio di documenti è
andato così per sempre perduto.
L'unico archivio giunto integro ai nostri giorni
rimane quello della famiglia Negri. Chi conosce il libro fotografico "II
Garda nell'archivio fotografico Negri" può rendersi solo lontanamente
conto dei tesori che in che in esso sono custoditi. Il materiale conservato
ha un valore storico particolare per il fatto che Giovanni Negri si distingue
nettamente dai colleghi operanti nella nostra provincia per il genere delle
riprese; mentre la produzione degli altri fotografi è prevalentemente
ritrattistica, egli ha un interesse vivissimo per ogni altro aspetto fotografabile.
Il suo modo di operare è nella linea degli Alinari e degli Anderson:
la macchina deve uscire dallo studio e rendere testimonianza della società,
del paesaggio, della cultura. È con questo spirito che Negri comincia
a girare per l'Italia, con qualche puntata all'estero, per produrre una
vasta raccolta di vedute stereoscopiche.
Il mercato di queste immagini è essenzialmente
rappresentato dai turisti che giungono in visita nel nostro Paese: è
probabilmente questo uno dei motivi che favoriranno a trasferimento dello
studio sul Garda, posizione più favorevole per incontrare una clientela
di livello internazionale.
Negri accetta la sfida con i grossi fotografi di
Firenze e Roma, già geograficamente favoriti, per contrastarli sul
piano dell'immagine turistica, artistica e industriale. A cavallo dei due
secoli si impegna in ambiziose campagne fotografiche superando le difficoltà
materiali che l'operare in esterno, con le attrezzature pesanti e ingombranti
allora necessarie, imponeva. L'attenzione costante a quanto accade fuori
dalla porta dello studio porta Negri a registrare le testimonianze più
vive dell'importante periodo storico in cui opera e raccoglie così
una quantità enorme di materiale su Brescia, il Garda e l'intera
provincia.
Quando Giovanni passa la mano, Umberto prima e suo
genero in seguito, si trovano a disporre di un patrimonio eccezionale verso
il quale dimostreranno un responsabile atteggiamento: rispetto per la mole
di sacrificio che esso rappresenta, coraggio nella determinazione di conservarlo.
Chi ha idea del costo economico che rappresenta l'impegno di uno spazio considerevole di uno studio fotografico per conservare materiale improduttivo, si rende conto che solo una scelta precisa può sostenere tale decisione. Interesse privato? Difficile sostenerlo. Ogni immagine pubblicata può venir infatti riprodotta infischiandosi allegramente dei diritti d'autore. Ecco allora che si comprende, anche se non si giustifica, il comportamento di coloro che hanno in passato fatto piazza pulita di importanti raccolte cui nessuno era disposto a riconoscere valore economico ma che molti avrebbero utilizzato volentieri. È un discorso complesso, non riducibile a questo solo caso, (la raccolta Predali di Iseo è un altro esempio) non è possibile far ricadere sempre gli oneri sull'individuo per reclamare poi, quando convenga, l'immagine come patrimonio pubblico. Senza chiarire i rapporti che, nella fotografia, esistono tra l'aspetto di bene economico e bene culturale non sarà possibile conquistarla all'accesso pubblico.
Gabriele Chiesa
Su questo argomento si veda anche la sezione dedicata alla
storia della fotografia bresciana