Una società di ruoli specializzati come la nostra ci porta a condurre
una vita piuttosto disintegrata: lavoro, famiglia, impegno sociale sono
compartimenti spesso privi di connessioni e a volte anche alienanti. Le
contraddizioni tra modi di essere diversificati vengono generalmente risolte,
o quanto meno attenuate, attraverso un'attività aggiuntiva costituita
dal consumo.
Al di fuori del lavoro di produzione o di studio,
frequentemente non scelto per amore ma subito per necessita, ciascuno di
noi sente il bisogno di crearsi uno spazio personale da vivere con maggiore
originalità. In alternativa all'operaio, all'impiegato, al commerciante
ecc. abbiamo a questo punto il radioamatore, lo sciatore, il filatelico,
l'audiofilo e, tra ancora molte altre possibilità, il fotoamatore.
Sarebbe forse interessante cercare di stabilire il meccanismo attraverso
cui una persona decide di acquistare l'attrezzatura da fotoamatore piuttosto
che quella da subacqueo o altro.
Generalmente il possesso degli strumenti adatti costituisce
di per sé titolo sufficiente per attestare la propria appartenenza
ad una certa categoria di appassionati né, d'altra parte, dalla
società dell'avere ci si potrebbe attendere altrimenti. Gli amici,
le riviste, qualche film dove la vita del fotografo viene mostrata come
ricca di gratificazioni, una mostra di immagini affascinanti, possono essere
alcuni degli stimoli che, sommati insieme, portano un giorno a farci dire:
"certo che mi piacerebbe prendere una bella macchina fotografica".
Si dice "bella" perché, consciamente
o inconsciamente, la mente corre a quell'attrezzo messo in chissà
quale cassetto con cui abbiamo fino ad allora scattato si e no un rullino
dell'anno durante le vacanze. Nella testa si forma un'idea confusa: per
fabbricare immagini veramente belle non può bastare un aggeggio
da pochi soldi, ci vuole quel tipo di macchina con la gobba sopra che già
abbiamo visto "indossata" con sicurezza e orgoglio da uno stimato
amico.
A questo punto viene coinvolta una persona comunemente
ritenuta ben informata nel campo della fotografia il cui compito è
di avallare la decisione che il neofotoamatore ha in realtà già
preso: reflex di prestigio a prezzo da capogiro. L'esperto di turno, se
ha un po' di coscienza, tenta di capire le esigenze del neofita, di indagare
sull'uso che questi farà della fotocamera; tutto è pero inutile:
il risultato è invariabilmente l'acquisto della macchina più
costosa che le finanze del compratore permettano. Dopo aver speso trecentomilalire
per un bell'oggetto, su qualcosa bisognerà pur risparmiare: la pellicola;
ce la faremo regalare.
La parsimonia nel consumo del materiale sensibile
è un dato che accomuna la grande massa degli pseudo-fotoamatori.
La Kodak ha calcolato (dati anni '70) che i 12 milioni di fotografi dilettanti italiani
impressionano annualmente una quarantina di fotogrammi ciascuno ma spendono
nello stesso periodo 36.000 lire a testa in beni strumentali; ciò
equivale pressapoco a dire che un cacciatore si procura un obice per sparare
ad un uccellino.
Il problema da risolvere rimane forse ancora quello di comprendere a cosa serve la fotografia.
Gabriele Chiesa