Un diffuso luogo comune parla di civiltà dell'immagine per definire
quest'epoca: in realtà la nostra esistenza ha progressiva mente
assunto una maggiore organizzazione visuale ma manca ancora un vero e proprio
"codice" socialmente stabilito che consenta la lettura dell'immagine,
o almeno manca un riconoscimento ufficiale dei primi tentativi di scoprire
regole comuni di interpretazione.
Tuttavia si constata una sensibile decadenza del
ruolo che la parola scritta svolge sulle comunicazioni e la graduale formazione
di stereotipi visivi che vanno via via cristallizzandosi tendendo a raggiungere
la forma di norme sufficientemente rigide, tanto da poter far riferimento
ad esse; è la prassi stessa della continua ripetizione di moduli
espressivi che conduce alla formazione di questi riferimenti iconici. Anche
se non esiste ancora, e del resto è prematuro che lo sia, una educazione
organicamente strutturata alla formazione, di norme di lettura universalmente
accettate, stiamo oggi assistendo al consolidarsi degli stereotipi iconici
base di un rudimentale linguaggio iconico di cui non è ancora possibile
prevedere gli sviluppi.
È comunque sensato ritenere che anche il linguaggio
verbale si sia andato formando attraverso identiche procedure: produzione
di suoni simili per situazioni identiche che la prassi stessa ha fatto
progressivamente accettare come codice di comunicazione per una comunità
ad essi educata.
Al punto in cui siamo l'immagine appare comunque non come un sostltuto della parola ma come integrazione, anche se a volte insostituibile, di essa.
Ciò è inevitabile che avvenga perché
il linguaggio verbale è quello che maggiormente permette una formulazione
concettualizzata della comunicazione. Quello che potrebbe apparire come
un limite è in realtà una differenza sostanziale che ci può
confermare che segno figurativo e segno grafico sono entrambi elementi
di comunicazione ma con caratteristiche specifiche autonome.
Bisgna quindi avere ben chiaro che immagine e parola
possono costituire linguaggio ma che:
1) La comunicazione figurativa fotografica si riferisce
sempre e soltanto a una realtà specifica che può anche essere
radicalmente trasformata ma che comunque esiste all'origine della produzione
dell'icona.
2) La comunicazione verbale si riferisce a concetti
dando una rappresentazione virtuale della realtà.
Schematizzando si potrebbe affermare che la parola
è analitica e la fotografia sintetica. Come ultima considerazione
si aggiunga che la frase verbale può assumere le diverse dimensioni
temporali della coniugazione dei verbi mentre l'immagine ha una sua originale
dimensione di "passato-presente".
Questa rapida serie di considerazioni ci ha portato a concludere che esistono differenze profonde e sostanziali tra la comunicazione verbale e quella visiva, clò tuttavia non significa de una sola di esse possa considerarsl linguaggio, perché pur derivando analisi e definizioni dalla comunicazione linguistica verbale o scritta possiamo ritenere linguaggio un insieme di realtà capace di comunicare qualcosa. Che poi il codice interpretativo sia ancora in formazione e la volontà di servirsi delle icone con valore di segno non sia sempre chiaramente espressa non significa che non esista, né possa in futuro costituirsi la struttura di un linguaggio.
Gabriele Chiesa