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Che fare?


© 2000 by Gabriele Chiesa



Chi sente il bisogno di esprimersi attraverso l'immagine fotografica deve operare, come abbiamo già detto, delle scelte. La maggior parte delle decisioni che possono essere prese non è in grado di dare risultati paganti sul piano economico. È necessario rendersl obiettivamente conto del fatto che la fotografia è, a meno che diventi professione; un consumo a fondo perduto. Non ci si può illudere di far quadrare i conti con un servizio matrimoniale ogni tanto e qualche lavoretto per gli amici. A un certo punto o si rientra nella logica professionale, accettando tutte le regole del gioco, o si continua a far fotografia per passione affrontando le spese che ne derivano con rassegnazione.

Se però il problema dell'autofinanziamento di questa costosa attività non e facilmente risolvibile, ancor meno lo è addirittura quello della giustificazione della sua stessa esistenza.

Affinché la fiamma di un improvviso ardore non si spenga esaurendosi nell'acquisto delle attrezzature e il possedere non sia scambiato con l'essere, ci devono essere ben chiare le risposte a queste due domande: a chi servono le nostre immagini? Perché?

La mancata soluzione di questi due interrogativi è la spiegazione di tutti quei falliti amori che sono la regola in campo fotoamatoriale.

Se decidiamo che le fotografie sono un ricordo personale, il diario della famiglia e della nostra vita, abbiamo già preso una decisione che, assunta onestamente, determinerà un corretto rapporto con lo fotocamera. Altrettanto rispettabile è la posizione di chi utilizza consapevolmente questa attività per ottenerne gratificazioni sociali e riconoscimenti formali nell'ambito di circoli e associazioni. In questi due casi, committenti e fruitori sono ben individuati e le loro esigenze razionalmente determinate.

Il problema nasce invece quando ci si propone vagamente un intento "artistico". In questo caso non è necessario che trascorra molto tempo per rendersi conto che non basta imitare i Grandi Maestri, negli strumenti e nello stile per raggiungere originali sbocchi espressivi.

Per conquistare una vera autonomia è invece indispensabile porsi in una prospettiva "storica" e considerare globalmente i compiti della fotografia.

È questa un'analisi ancora in corso, che può portare a conclusioni diverse ed altrettanto valide. Cominciamo qui ad accennare ad una delle diverse opzioni: I'immagine fotografica è un bene collettivo che costituisce la testimonianza visiva di ciò che scompare e si trasforma. Partendo da questa ipotesi possiamo provare a fare alcuni esempi delle possibilità da sfruttare: un censimento fotografico delle cappelle di campagna (esempi di architettura e pittura popolare in via di deperimento e rarefazione), lo studio della tipologia edilizia delle antiche case di Franciacorta, i cadenti camini seicenteschi e settecenteschi sui tetti di Brescia, la lavorazione del baco da seta nelle cascine della bassa, ... e sarebbe possibile continuare a lungo.

È possibile citare, a titolo di esempio, come corretti interventi fotografici, la documentazione privatamente condotta sulle fontane di Brescia, conclusasi con la pubblicazione di un libro. La mostra, allestita dall'Enaip di Botticino, sugli ex voto nei santuari bresciani.

È tuttavia questo un campo in cui non esistono che rare eccezioni allo spontaneismo e al volontariato mentre sarebbe auspicabile un'attiva partecipazione pubblica: le biblioteche comunali e i Comuni stessi potrebbero svolgere un positivo ruolo stimolando e aiutando iniziative culturali ormai mature, molto spazio ci sarebbe anche per la scuola se i mezzi finanziari a sua disposizione fossero più larghi.

Capire il nostro passato, riconoscere dove affondano le nostre radici è la base necessaria che ci può consentire di vivere consapevolmente la realtà del presente.

Gabriele Chiesa






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