Chi sente il bisogno di esprimersi attraverso l'immagine
fotografica deve operare, come abbiamo già detto, delle scelte.
La maggior parte delle decisioni che possono essere prese non è
in grado di dare risultati paganti sul piano economico. È necessario
rendersl obiettivamente conto del fatto che la fotografia è, a meno
che diventi professione; un consumo a fondo perduto. Non ci si può
illudere di far quadrare i conti con un servizio matrimoniale ogni tanto
e qualche lavoretto per gli amici. A un certo punto o si rientra nella
logica professionale, accettando tutte le regole del gioco, o si continua
a far fotografia per passione affrontando le spese che ne derivano con
rassegnazione.
Se però il problema dell'autofinanziamento
di questa costosa attività non e facilmente risolvibile, ancor meno
lo è addirittura quello della giustificazione della sua stessa esistenza.
Affinché la fiamma di un improvviso ardore
non si spenga esaurendosi nell'acquisto delle attrezzature e il possedere
non sia scambiato con l'essere, ci devono essere ben chiare le risposte
a queste due domande: a chi servono le nostre immagini? Perché?
La mancata soluzione di questi due interrogativi
è la spiegazione di tutti quei falliti amori che sono la regola
in campo fotoamatoriale.
Se decidiamo che le fotografie sono un ricordo personale,
il diario della famiglia e della nostra vita, abbiamo già preso
una decisione che, assunta onestamente, determinerà un corretto
rapporto con lo fotocamera. Altrettanto rispettabile è la posizione
di chi utilizza consapevolmente questa attività per ottenerne gratificazioni
sociali e riconoscimenti formali nell'ambito di circoli e associazioni.
In questi due casi, committenti e fruitori sono ben individuati e le loro
esigenze razionalmente determinate.
Il problema nasce invece quando ci si propone vagamente
un intento "artistico". In questo caso non è necessario
che trascorra molto tempo per rendersi conto che non basta imitare i Grandi
Maestri, negli strumenti e nello stile per raggiungere originali sbocchi
espressivi.
Per conquistare una vera autonomia è invece
indispensabile porsi in una prospettiva "storica" e considerare
globalmente i compiti della fotografia.
È questa un'analisi ancora in corso, che può
portare a conclusioni diverse ed altrettanto valide. Cominciamo qui ad
accennare ad una delle diverse opzioni: I'immagine fotografica è
un bene collettivo che costituisce la testimonianza visiva di ciò
che scompare e si trasforma. Partendo da questa ipotesi possiamo provare
a fare alcuni esempi delle possibilità da sfruttare: un censimento
fotografico delle cappelle di campagna (esempi di architettura e pittura
popolare in via di deperimento e rarefazione), lo studio della tipologia
edilizia delle antiche case di Franciacorta, i cadenti camini seicenteschi
e settecenteschi sui tetti di Brescia, la lavorazione del baco da seta
nelle cascine della bassa, ... e sarebbe possibile continuare a lungo.
È possibile citare, a titolo di esempio, come
corretti interventi fotografici, la documentazione privatamente condotta
sulle fontane di Brescia, conclusasi con la pubblicazione di un libro.
La mostra, allestita dall'Enaip di Botticino, sugli ex voto nei santuari
bresciani.
È tuttavia questo un campo in cui non esistono
che rare eccezioni allo spontaneismo e al volontariato mentre sarebbe auspicabile
un'attiva partecipazione pubblica: le biblioteche comunali e i Comuni stessi
potrebbero svolgere un positivo ruolo stimolando e aiutando iniziative
culturali ormai mature, molto spazio ci sarebbe anche per la scuola se
i mezzi finanziari a sua disposizione fossero più larghi.
Capire il nostro passato, riconoscere dove affondano le nostre radici è la base necessaria che ci può consentire di vivere consapevolmente la realtà del presente.
Gabriele Chiesa